La parola del Parroco - Don Maurizio Spreafico - 10 dicembre 2023

Carissimi, siamo giunti alla II Domenica di Avvento. Con il suo messaggio di consolazione al popolo di Israele in esilio - “Consolate, consolate il mio popolo” - e con l’annuncio della liberazione ormai vicina - “Ecco, il Signore Dio viene con potenza” -, il profeta Isaia ci prepara ad accogliere la lieta notizia della venuta di Gesù.

Oggi poi leggiamo i versetti introduttivi del Vangelo di Marco, vangelo che ci accompagna in questo “Anno B” del ciclo liturgico. Ogni evangelista presenta un’introduzione diversa al suo vangelo: Matteo inizia con una genealogia, per sottolineare che Gesù si inserisce nella storia della salvezza portando a compimento tutte le promesse. Luca inizia con una dedica, nella quale dichiara di essere adeguatamente informato e che intende offrire un’opera letteraria dedicata ad un personaggio illustre. Giovanni inizia con un prologo, che è una profonda e intensa riflessione teologica sulla persona di Gesù. Marco invece inizia con una frase semplice e profonda: “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio”: una bella sintesi della fede cristiana! “Gesù”: è vero uomo! “Cristo”: è il Messia, come dirà Pietro a metà vangelo nella professione di fede a Cesarea. “Figlio di Dio”: è vero Dio, il Signore, morto e risorto per noi, come esclamerà il centurione romano, pagano, alla fine del vangelo. Il termine “inizio” (archê) è lo stesso con cui si aprono la traduzione greca della Bibbia (Gen 1,1) e il quarto vangelo (Gv 1,1): si presenta così l’annunzio evangelico come una nuova creazione! E poi la parola “vangelo” che significa buona, gioiosa, lieta notizia; la bella notizia che Marco annuncia è la persona di Gesù, un Dio che viene incontro all’uomo per amarlo e per salvarlo.

Il Vangelo poi presenta la testimonianza di Giovanni Battista, che con la parola e con la vita prepara la strada al Signore che viene. Il fatto che la predicazione di Giovanni avvenga nel deserto e gli abitanti della Giudea e di Gerusalemme debbano “uscire” dalle loro città per venire da Giovanni è simbolicamente importante: anche noi dobbiamo “uscire” dalle nostre sicurezze, dalle nostre mediocrità, dalle nostre pigrizie, per rinnovarci interiormente, confessare i nostri peccati, rinnovare le nostre promesse battesimali e intraprendere un cammino rinnovato dalla grazia di Dio.

La testimonianza di Giovanni è credibile perché predica la conversione e vive da convertito, in povertà e sobrietà. Riconosce con umiltà di essere colui che prepara la strada ad un altro e dichiara la sua indegnità: “Io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali”. È l’amico dello sposo che gioisce alla voce dello sposo e poi si ritira umilmente in disparte. Afferma Giovanni: “Viene do­po di me colui che è più forte di me”; non dice: “verrà” e non dice neppure: “sta per venire, tra poco”, ma, semplice e diretto, dice: “viene”!

 

“Giorno per giorno, continuamente, adesso, Dio vie­ne. Anche se non lo vedi, anche se non ti accorgi di lui, viene, in cammino su tutte le strade. Si fa vicino nel tempo e nello spazio. Il mondo è pieno di tracce di Dio. Dio che si fa vicino, che è qui, dentro le co­se di tutti i giorni, alla porta della tua casa, ad ogni risveglio. La pre­senza del Signore non si è rarefat­ta in questo mondo distratto, il Re­gno di Dio non è stato sopraffat­to da altri regni: l'economia, il mercato, il denaro, il successo … il Regno di Dio è qui” (Ermes Ronchi).