La parola del Parroco - Don Maurizio Spreafico - 24 marzo 2024

Carissimi, è la Domenica delle Palme e il racconto della passione e morte di Gesù in croce ci introduce nella settimana centrale di tutto l’anno: questo racconto ci chiede non solo di ricordare, ma soprattutto di partecipare! Ci ritroviamo tra la folla che accorre festante per l’ingresso di Gesù nella città santa e siamo poi invitati ad ascoltare il doloroso racconto della passione che, secondo il vangelo di Marco, è la definitiva risposta all’interrogativo sotteso a tutto il suo vangelo: chi è Gesù?

“Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”: così leggiamo oggi all’inizio della celebrazione nel vangelo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Il nostro Dio è un Dio che viene incontro a noi, che viene sempre, che continua a venire anche oggi per me, per la mia famiglia, per la mia comunità, per il mio rione, per la mia città, per il mio paese, per il mondo intero. Dio viene non per chiedere, non per comandare, non per dominare, ma viene per amare, per dare la sua vita in riscatto per tutti.

E noi, come la folla gridiamo il nostro “Osanna!”, ma poco dopo gridiamo il nostro “Crucifige, sia crocifisso!”: è la nostra vita ambivalente e contradditoria, fatta di grazia e di peccato. Dio viene ad amarci così come siamo, ad amarci tutti, nessuno escluso, come ha amato Giuda che l’ha tradito, Pietro che l’ha rinnegato, Pilato che l’ha condannato, i discepoli che l’hanno abbandonato, i suoi crocifissori che l’hanno inchiodato.

“Ha salvato altri, non può salvare se stesso?”: Gesù non pensa a salvare se stesso, si dimentica totalmente di sé, rivelando così un Dio inedito che non chiede sacrifici, ma che sacrifica se stesso. Questo è il fondamento della fede cristiana: un atto d’amore disinteressato e gratuito! Perché non c’è amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici!

“Davvero quest’uomo era figlio di Dio!”: alla morte di Gesù il primo atto di fede non viene da un discepolo, ma da un estraneo, da un centurione romano. Pronuncia queste parole dopo averlo visto spirare in quel modo, vedendolo sulla croce, sentendolo pronunciare quelle parole di perdono e di affidamento; lui che aveva visto tanta gente morire in croce, vede in Gesù una morte diversa, una morte fatta per amore, che diviene immediatamente rivelazione di Dio!

Dopo la Domenica delle Palme, la Settimana Santa dispiega, ad uno ad uno, i giorni del nostro destino; ci vengono incontro lentamente, ognuno generoso di segni, di simboli, di luce. In questa settimana, il ritmo dell'anno liturgico rallenta, possiamo seguire Gesù giorno per giorno, quasi ora per ora. La cosa più santa che possiamo fare è stare con lui. Sono giorni per stare vicino a Dio nella sua sofferenza: la passione di Cristo si consuma ancora, in diretta, nelle infinite croci del mondo, dove noi possiamo stare accanto ai crocifissi della storia, lasciarci ferire dalle loro ferite, provare dolore per il dolore della terra, di Dio, dell'uomo, e donare consolazione, e portare conforto.

E continuare a contemplare la croce, perché la croce è l'immagine più pura, più alta, più bella che Dio ha dato di se stesso. Sono i giorni che ce lo rivelano: Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce” (K. Rahner).