Carissimi, celebriamo oggi la XXIV Domenica del Tempo Ordinario. Il brano del Vangelo di Marco che oggi leggiamo, ci colloca al centro di questo vangelo, in un momento decisivo della vicenda di Gesù. Con il racconto dei gesti e delle parole di Gesù, l’evangelista ha cercato finora di presentare l’identità di Gesù, “il cui nome era diventato famoso” (Mc 6,14). Ora è Gesù stesso che esplicita la domanda: “Chi dice la gente che io sia?”. Il gruppo dei discepoli, facendosi portavoce delle attese messianiche del tempo, riferisce che Gesù è ritenuto Giovanni Battista, oppure Elia o comunque un profeta di cui da molto tempo si avverte la mancanza.
Alla domanda diretta: “Ma voi, chi dite che io sia?”, Pietro professa la propria fede in Gesù, riconoscendolo come Cristo, cioè “messia” e “salvatore”. I gesti che Gesù ha compiuto e che Marco ha narrato nei primi otto capitoli del suo vangelo manifestano l’attuazione delle profezie messianiche, anche se alcune sue parole e alcuni suoi gesti sono sorprendenti e provocatori. La seconda parte del suo vangelo, infatti, subito dopo la professione di fede di Pietro, si apre con l’autopresentazione di Gesù che tratteggia il modo in cui egli intende e vive la propria messianicità: non nel trionfo e nel successo, ma nell’umiliazione e nella sofferenza. La Prima Lettura di oggi delinea molto bene in forma profetica ciò che poi Gesù realizzerà concretamente: “Non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50,6).
La reazione di Pietro, che osa rimproverare Gesù, manifesta la fatica e la difficoltà per i discepoli di accogliere la logica di Gesù, che è venuto non per essere servito ma per servire e per dare la sua vita sulla croce. Allora Gesù deve rimproverare duramente Pietro, perché continua a seguire una logica diversa rispetto a quella di Dio, alla quale si oppone come satana. Gesù è deciso nel richiamare Pietro, invitandolo a riprendere il suo posto dietro a Lui, evitando di ergersi al di sopra del Maestro, osando persino rimproverarlo.
Riprendiamo la domanda di Gesù ai discepoli e riflettiamo. “Ma voi chi dite che io sia?”: non limitatevi, non accontentatevi di ciò che sentite dire di me, non voglio una definizione astratta, ma esistenziale e personale, non una formula imparata a memoria, ma il racconto di una esperienza di vita. Voi che vi considerate miei discepoli, che frequentate la chiesa e celebrate la liturgia, che siete con me da anni, che cosa dite? Chi sono veramente io per voi? Sono davvero il vostro unico Maestro e Signore? Sono al centro della vostra vita, dei vostri pensieri, dei vostri affetti? Prendete sul serio le mie parole e cercate di viverle? Riuscite a testimoniare nella vostra vita quotidiana la logica evangelica del servizio e della donazione, del perdono e della gratuità, dell’umiltà e della consegna di sé?
“Ma voi chi dite che io sia?”: “Cristo è tutto per noi. Se vuoi curare una ferita, egli è medico; se sei riarso dalla febbre, egli è la fonte; se sei oppresso dall’iniquità, egli è giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è la forza; se temi la morte, egli è la vita; se desideri il cielo, egli è la via; se fuggi le tenebre, egli è la luce; se cerchi cibo, egli è l’alimento” (Sant’Ambrogio, La Verginità, 99). O Signore Gesù, aiutaci ad accoglierti sempre più come Maestro e Signore della nostra vita, a vivere in comunione con te, ad affidarci a te, a seguirti con fedeltà nella donazione e nel servizio sulla via della croce.