La parola del Parroco - Don Maurizio Spreafico - 4 giugno 2023

 

     Carissimi, oggi è la Solennità della Santissima Trinità. Noi crediamo in un Dio che è amore. Crediamo in un solo Dio, non in un Dio solitario! Questo mistero della Trinità ci è stato svelato da Gesù. Egli ci ha fatto conoscere il volto di Dio come Padre misericordioso; ha presentato se stesso, vero uomo, come Figlio di Dio e Verbo del Padre, Salvatore che dà la sua vita per noi; e ha parlato dello Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio, Spirito di Verità, Spirito Paraclito, Consolatore e Avvocato. E quando Gesù è apparso agli Apostoli dopo la risurrezione, li ha inviati a evangelizzare «tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). L’amore che unisce il Padre al Figlio nello Spirito Santo è un amore cui anche noi siamo chiamati a partecipare. Spesso invochiamo la Trinità: quando facciamo il segno di croce, nella conclusione di ogni preghiera liturgica, quando siamo stati battezzati, ecc.

Il dogma della Trinità non è innanzitutto un raffinato e faticoso sforzo intellettuale per comprendere il mistero di Dio e tentare di spiegarlo con ragionamenti umani, ma è sorgente di sapienza per il nostro vivere: se Dio si realizza solo nella comunione, così dovrà essere anche per l’uomo. Si legge nel Libro della Genesi: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” (Gen 1,26). L’uomo è creato a immagine di Dio che è amore e relazione. L’uomo dunque è fatto a immagine e somiglianza della Trinità, a immagine e somiglianza della comunione.

Se Dio è amore, relazione, donazione e se noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, le conseguenze sono abbastanza chiare: anche la nostra vocazione profonda è l’amore, la relazione e la donazione, il vivere l’uno per l’altro, il donarsi all’altro gratuitamente, il cercare di costruire l’unità superando divisioni e contrasti. Al termine di una giornata puoi anche non aver mai pensato a Dio, mai pronunciato il suo nome. Ma se hai amato, se ti sei lasciato amare, se hai procurato gioia a qualcuno, se hai messo un mattone di comunione, tu hai fatto la più bella professione di fede nella Trinità: “Se vedi l’amore, vedi la Trinità” (Sant’Agostino).

Nella Prima Lettura di oggi si ascolta la proclamazione del nome del Signore e, in quel nome, è nascosta la sua misericordia. Tutta la storia della salvezza è una storia di amore e di fedeltà da parte di Dio che si rivela come amore provvidente e misericordioso, sempre pronto a perdonare l’infedeltà del suo popolo e a rinnovare la sua alleanza di amore con lui.  Nel Vangelo poi è riportato il breve dialogo tra Gesù e Nicodemo, in cui Gesù si presenta come Colui che porta a compimento il piano di salvezza del Padre in favore del mondo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. Tutto parte da Dio che è Amore e che manifesta concretamente il suo amore nel “dare” il proprio Figlio. Nel Vangelo il verbo “amare” si traduce sempre con un altro verbo forte, pratico, concreto: il verbo “dare”. Dio Padre ama talmente il mondo che, per salvarlo, dona ciò che ha di più prezioso, il suo Figlio unigenito, il quale davvero darà la sua vita per gli uomini! Amare equivale a dare. Dare e non trattenere, ricordandoci sempre che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.

Festeggiare la Trinità significa allora entrare nel suo dinamismo di comunione e di donazione, sull’esempio della Vergine Maria, che ha partecipato pienamente alla vita trinitaria. Amata dal Padre, ha risposto con generosa disponibilità alla sua proposta di cooperare al progetto di amore e di salvezza dell’umanità. Madre del Figlio, è stata sua discepola fedele, nell’umiltà e nel silenzio, nel servizio e nell’intercessione. Visitata dallo Spirito Santo, ha generato il Figlio e l’ha donato al mondo. Madre della Chiesa, ci precede nel cammino e intercede per noi. Santa Maria Liberatrice, confidiamo in te, speriamo in te, ci affidiamo a te!