Carissimi, celebriamo oggi la XIX Domenica del Tempo Ordinario. Nel Vangelo di questa domenica, Gesù racconta una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi. La protagonista è una vedova che, a forza di supplicare un giudice disonesto, riesce a farsi fare giustizia da lui. E Gesù conclude: se la vedova è riuscita a convincere quel giudice, volete che Dio non ascolti noi, se lo preghiamo con insistenza? L’espressione di Gesù è molto forte: «E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?»
“Gridare giorno e notte” verso Dio! Ci colpisce questa immagine della preghiera. Possiamo chiederci: perché Dio vuole questo? Lui non conosce già le nostre necessità? Che senso ha “insistere” con Dio? Questa è una buona domanda, che ci fa approfondire un aspetto molto importante della fede: Dio ci invita a pregare con insistenza non perché non sa di che cosa abbiamo bisogno, o perché non ci ascolta. Lui ascolta sempre e conosce tutto di noi, con amore. Nel nostro cammino quotidiano, specialmente nelle difficoltà, nella lotta contro il male fuori e dentro di noi, la preghiera perseverante ci ricorda che il Signore non è lontano, è al nostro fianco; noi lottiamo avendo Lui accanto, e la nostra arma è proprio la preghiera, che ci fa sentire la sua presenza accanto a noi, la sua misericordia e il suo aiuto. Essere saldi e perseveranti nella preghiera, dunque, per rimanere saldi nella fede!
La Prima Lettura di oggi ci propone l’esempio di Mosè, che ci viene presentato come uomo di Dio e uomo di preghiera. Lo vediamo, nell’episodio della battaglia contro Amalek, in piedi sul colle con le braccia alzate; ogni tanto però, per il peso, le braccia gli cadevano, e in quei momenti il popolo aveva la peggio; allora Aronne e Cur facevano sedere Mosè su una pietra e sostenevano le sue braccia alzate, fino alla vittoria finale. Queste mani alzate di Mosè esprimono bene l’affidamento fiducioso di coloro che sanno di non poter contare solo sulle proprie forze e si appoggiano a Dio. Sono quelli che cantano con il salmista: “Il mio aiuto viene dal Signore!”. Nell’episodio di Mosè possiamo cogliere un altro messaggio importante: l’impegno della preghiera richiede di sostenerci l’un l’altro. La stanchezza è inevitabile, a volte non ce la facciamo più, ma con il sostegno dei fratelli la nostra preghiera può continuare, finché il Signore porti a termine la sua opera. Ecco il mistero della preghiera: gridare, non stancarsi, e, se ti stanchi, chiedere aiuto per tenere le mani alzate. Questa è la preghiera che Gesù ci ha rivelato e ci ha donato nello Spirito Santo. Pregare non è rifugiarsi in un mondo ideale, non è evadere in una falsa quiete egoistica. Al contrario, pregare è impegnarsi a lottare contro il male, una lotta dura e lunga che richiede pazienza e resistenza.
Ma sorge spontanea una domanda: è davvero possibile pregare sempre? Lavorare, studiare, viaggiare, incontrare persone … e nello stesso tempo pregare? Un’autentica vita di preghiera non si misura dal numero di preghiere recitate o dalle ore passate in chiesa, ma dall’avere coscienza che tutta la nostra vita è immersa in Dio e dalla consapevolezza che in ogni momento della nostra vita Dio è all’opera in noi. Allora la vita diventa una preghiera continua, l’offerta a Dio di tutto ciò che siamo e facciamo, che poi ogni tanto si esprime anche nella preghiera esplicita. Pregare è come voler bene: se tu ami qualcuno veramente, lo ami sempre, qualsiasi cosa tu stia facendo. Dio conceda anche a noi di essere uomini e donne di preghiera; di gridare giorno e notte a Dio, senza stancarci; di lasciare che lo Spirito Santo preghi in noi e di rendere la nostra vita una preghiera continua, un culto spirituale gradito a Dio!