Resurrezione - I simboli nella pittura

Una teologia dell’icona

L’icona della anástasis (cioè della risurrezione di Cristo dai morti) è in Oriente uno dei segni caratteristici della Pasqua. La tradizione rappresenta la Pasqua di risurrezione soprattutto attraverso il tema della discesa di Cristo agli inferi: è il cuore del messaggio pasquale in molte liturgie, come testimoniato da tutta una serie di testi e ripreso dagli elementi delle icone.

  • Discese agli inferi per estrarre vittorioso l’uomo decaduto per l’antica colpa e fatto schiavo del regno del peccato, e per spezzare con mano potente le serrature delle porte e aprire a quanti l’avrebbero seguito la gloria della risurrezione (dalla liturgia mozarabica).
  • Colui che disse ad Adamo “Dove sei?” si è volontariamente rivestito di un corpo di carne; è salito sulla croce perché l’ha voluto, per cercare colui che era perduto; è sceso agli inferi dietro a lui e l’ha trovato. L’ha chiamato e gli ha detto: “Vieni dunque, o mia immagine e mia somiglianza. Ecco io sono sceso dietro a te per ricondurti alla tua eredità” (Efrem il Siro, Inno per la II domenica di Pasqua).
  • Sei disceso sulla terra per salvare Adamo e, non avendolo trovato sulla terra, o Signore, sei andato a cercarlo fino agli inferi (liturgia bizantina, mattutino del sabato santo).
  • Oggi il sole di giustizia si è manifestato non dal cielo, ma dagli inferi. Infatti un qualcosa di inatteso è accaduto: gli inferi sono diventati immagine dell’oriente e il sole di giustizia si è levato di là. Egli, infatti, discese a illuminare quelli che erano in basso, per mezzo della sua morte; e salì a illuminare quelli che erano in alto, per mezzo della sua risurrezione (Omelia siriaca anonima, V-VI sec.).
  • Cristo (in centro): l'icona della risurrezione non presenta Cristo che esce dalla tomba, ma piuttosto la sua discesa agli inferi: Egli infatti non ha vinto la morte per se stesso, come un "superuomo", ma è entrato nel regno delle tenebre per liberarci dalla morte.
    I sepolcri vuoti (in basso): le porte dell'inferno sono state divelte, le chiavi sono sparse in giro, i sepolcri vuoti. Il regno della morte è finito perché è stato raggiunto dalla luce vera, dal sole di giustizia che illumina "quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte" (Lc 1,79, testo del Benedictus).
    La mano tesa (in centro): Cristo va incontro all'uomo con la mano tesa, per rivelare che l'amore di Dio e la sua fedeltà si distendono nel tempo e nello spazio. Cristo passa in mezzo ai morti per illuminare il legame d'amore che Dio sempre mantiene con coloro che ha chiamato alla vita.
    Adamo ed Eva (a destra): Cristo tende la mano ad Adamo e ad Eva, seguiti da tutte le generazioni fino a Lui che in due grandi processioni escono dalla terra: viene qui rappresentata l'intera storia della salvezza raggiunta dal trionfo di Cristo. Il Cristo sopportò anche la permanenza di tre giorni sotto terra per salvare l'intero genere umano, quello prima della Legge, quello sotto la Legge, quello da lui inaugurato (Pseudo Ippolito, Sulla santa Pasqua). Cristo prende Adamo per il polso, luogo in cui si misura la vita, lo riporta all'esistenza restituendogli la dignità di figlio di Dio.
    I due "imperi" (in basso e in alto): l'icona presenta anche due sfere della vita spirituale: l'impero della morte, raffigurato nella cavità sotterranea scura e popolata di ombre che agiscono nell'uomo in modo "camuffato", nell'ombra, appunto; la sfera di Cristo, in alto, che, al contrario, si presenta apertamente, è luminosa, alla quale l'uomo arriva se cammina nella vita spirituale, rinunciando a chiudersi nel peccato. 

Lettura dell’icona: la discesa agli inferi

«Il Cristo è risorto dai morti, con la sua morte calpestando la morte e ai morti nei sepolcri donando la vita. Risorgendo dalla tomba, come aveva predetto, Gesù ci ha donato la vita eterna e la grande misericordia!». (Canone di G. Damasceno – Ode I).

Il Cristo risorto

«Per riempire tutte le cose della tua gloria sei disceso nelle profondità della terra». (Ode I)

 

Le porte dell’Ade

«Si aprirono a te con timore le porte della morte, o Signore; e i custodi dell’Ade, vedendoti, sbigottirono. Infatti, infrante le porte di bronzo e spezzate le sbarre di ferro, tu ci hai tratto fuori dalle tenebre e dall’ombra di morte, rompendo i nostri legami!». (Vespri)

La Discesa agli Inferi è proprio la Festa delle feste e la Chiesa ne afferma l’importanza in un articolo del Credo, il Simbolo apostolico.

Purtroppo la nostra tradizione occidentale ha abbandonato questo tema e le immagini di Cristo che apre le porte di una grotta e fa uscire una fiumana di persone arrivano fino al medioevo col Beato Angelico. Per indicare la realtà dei nostri progenitori esclusi dal contatto con Dio dopo il peccato originale, il simbolo è due porte ben sbarrate con chiavistelli, chiavi, catene; ebbene, non solo vengono aperte dal Cristo, ma sono addirittura scardinate con un’esplosione di chiodi, cardini, catenelle, eccetera.

 

Non si tratta di una fessura da cui ci si infila a fatica, ma della Grazia che ci viene concessa con abbondanza nell’opera salvifica del Cristo, come un fiume in piena.

La figura centrale della nostra icona che è questo Cristo luminoso e glorioso scende nell’Ade vittorioso sulla morte, è un vincitore, è un risorto. Cristo che scende agli Inferi è il Cristo del nostro quotidiano che ci viene a visitare nella nostra vita, nella nostra condizione di stare nella tenebra, nella nostra esistenza umana, nella nostra condizione di incapacità di amare, di vedere la luce.

 

Adamo

«Sei disceso sulla terra per salvare Adamo, o Signore, e, non avendolo trovato sulla terra, sei andato a cercarlo fino nell’Ade». (Enkomia – I stanza) Nell’icona della Discesa agli Inferi Adamo – spesso avvolto in un mantellone che lo rende maestoso, pieno e anche quasi pesante – è sempre inginocchiato e il Cristo che lo prende per mano dà proprio l’impressione di tirarlo su.

 

Eva

«Dal tuo fianco trafitto dalla lancia, o Salvatore, tu distilli la vita su Eva, la madre della vita, che mi esiliò dalla vita, e con lei vivifichi anche me». (Enkomia – I stanza)

L’altra figura che accompagna la Discesa agli Inferi è quella di Eva; qualche volta Adamo ed Eva sono dalla stessa parte, però nella maggior parte delle icone si è imposta questa composizione simmetrica: Cristo al centro, Adamo ed Eva ai lati. Eva è molto diversa da Adamo e mentre Adamo sembra quasi pesante Eva non lo è affatto. Del colore rosso del manto di Eva è facile comprendere il simbolo: Eva vuol dire madre dei viventi e quindi il rosso è il colore dell’energia che dà la vita, l’amore, la passione, la maternità.

 

Davide, Salomone, il Precursore, Abele, Mosè, i profeti…

 «I prigionieri trattenuti nei ceppi dell’Ade videro la tua incommensurabile misericordia e con passo esultante si affrettarono, o Cristo verso la luce, applaudendo alla Pasqua eterna!». (Ode V). 

Subito dopo vediamo comparire fra i personaggi gli Unti, che attendevano questo momento della salvezza che Cristo risorto ha instaurato nell’Universo. Giovanni Battista, il suo precursore, che anche nell’Ade svolge come il compito di annunciatore: infatti ha sempre la mano protesa ad indicarlo.

Altri due personaggi che ritroviamo sempre incoronati sono Davide e suo figlio Salomone. A questi si aggiungono altri che non hanno una ricorrenza fissa: più frequentemente c’è Abele, poi Mosè, poi Noè e dei profeti.

I profeti sono riconoscibili da uno strano berretto, chiamato berretto frigio, piccolino rosso con una fascia bianca che lo lega, e possono essere Daniele, Michea, ma essendo personaggi secondari nella rappresentazione, non hanno una necessità di identificazione.

Mosè è invece riconoscibile perché regge le tavole della Legge, Noè tiene una piccola barca in mano, Abele ha un bastone da pastore e spesso è vestito di pelliccia.