FESTA DI SAN GIOVANNI BOSCO

Mercoledì 27 gennaio - 31 gennaio 2021

 

 

 

TRIDUO PER LA FESTA DI DON BOSCO

A cura di don Franc Marsic

 

Lo psicoanalista e sociologo francese Clotaire Gilbert Rapaille, che vive negli Stati Uniti, sottolinea l’urgenza di considerare che l’intelligenza, l’affettività e la corporeità sono elementi inseparabili nella persona umana. Questi elementi influiscono a vicenda tra di loro e favoriscono la creazione di rapporti sempre nuovi. Questi rapporti offrono sempre nuove possibilità.

Nell’esperienza salvifica di Gesù Cristo questo è molto presente e porta sempre nuove opportunità alla persona umana, anche se si tratta di pubblicani o peccatori. Anche San Giovanni Bosco si è impegnato a rispettare nella sua esperienza educativa e pastorale tutti e tre questi elementi nel giusto equilibrio nella vita dei giovani. Nell’opuscoletto sul sistema preventivo (1877) presenta il trinomio ragione-religione-amorevolezza. Nel triduo di quest’anno ci soffermiamo su questi tre elementi della spiritualità salesiana, che permettono di educare le giovani generazioni alla vera dignità umana e cristiana. 

 

RELIGIOSITÀ

Parlando di san Giovanni Bosco in un primo momento ci viene in mente che si tratta di un ragazzo di campagna e dopo di un prete a Torino molto in gamba: saltimbanco, circondato da schiere di giovani, che inizia con le scuole di tutti i tipi, con la sensibilità sociale, e dopo organizza i suoi collaboratori nella congregazione dei salesiani, promuove la fondazione delle suore salesiane e altri gruppi della Famiglia salesiana, ecc.

Ma tutto questo è troppo poco per comprendere bene don Bosco.

Una riflessione più approfondita ci fa ricordare la sua insistenza sui sacramenti nell’educazione umana e cristiana, le pratiche di pietà del buon cristiano, la devozione filiale alla Madonna, ecc. E poi ci entusiasma la sua fiducia nel Signore che ottiene anche fatti straordinari e miracolosi, e gli aspetti esterni della sua religiosità, che portavano alla convinzione della santità di don Bosco.

Ecco, siamo giunti al don Bosco, immerso nella vita di Dio, che vive e opera a partire dalla sua unione con Dio. Alla fine della sua vita dirà: “Se io avessi avuto cento volte più fede, avrei fatto cento volte più di quello che ho fatto” (MB XVIII,587).

Si tratta di una fede come quella di Abramo, il quale è capace di lasciare il proprio paese ed è disposto ad offrire il proprio figlio Isacco – detto con altre parole – Abramo rinuncia all’atteggiamento possessivo di padre e aiuta Isacco a vivere la sua vita in modo autonomo e responsabile. Certo, questo comporta sofferenza sia ad Abramo che al figlio Isacco. Fa sorgere preoccupazioni e anche delusioni, ma DIO PROVVEDE.

Questa è la cornice della vita umana. Non conservare, non stare fermi, nell’ambito del “sacro”. I sacerdoti contemporanei di don Bosco avevano deciso di mandare don Bosco al manicomio, per il suo comportamento di amicizia e di vicinanza con i ragazzi, che creava secondo loro scandalo e disagio.

L’esperienza educativa e pastorale di don Bosco ci insegna a non essere schiavi di nessun legame, anche se legittimo, ma ad essere aperti alla vita e lasciare ai giovani di vivere la loro vita; anche il loro modo di vivere la religiosità.

La religiosità è una delle componenti essenziali della persona umana: l’uomo per sua natura stessa è un essere religioso, e lo manifesta sia con la superstizione, sia con la idolatria, sia con la paura, sia con le manifestazioni esterne della devozione, sia con la liturgia della vita quotidiana, vissuta nell’unione con Dio ad onore e gloria del Signore.

Si tratta allora delle cose essenziali che don Bosco cerca di far scoprire e prendere coscienza ai giovani fin dalla loro giovinezza e li educa a vivere questa vera dignità e felicità della vita con il massimo impegno, con il maggior zelo possibile, nell’ottica dell’eternità felice.

Don Bosco vive profondamente la sua appartenenza alla chiesa, ma educa i giovani a vivere la loro religiosità personale per favorire la qualità della loro vita. Lui da educatore – come anche i suoi collaboratori – vive una forte religiosità, e il suo programma educativo si basa sulla religione. I giovani possono vivere la loro religiosità a diversi gradi: Magone all’inizio la trascura, Domenico Savio invece la vive ormai in un modo molto impegnativo.

Ecco l’invito per noi oggi: essere immersi nella religione e basare i nostri impegni e anche il nostro intervento educativo e pastorale sull’elemento religioso, anche se i giovani si dichiarano indifferenti riguardo alla religione. L’atteggiamento contemplativo ci insegna a guardare con gli occhi del Signore e ad amare con il cuore di Dio. Questo nostro atteggiamento non dipende dalle circostanze della vita e dei giovani di oggi, ma è l’espressione della nostra maturità cristiana e apostolica.  

L’apostolo Paolo nella lettera ai Tessalonicesi scrive: “Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro” (1Ts1,2-3).

La presenza di Dio nella nostra vita, la sua cura amorosa ed il suo sostegno, ci aiutano a mettere in ordine le nostre relazioni e tutti gli altri aspetti nei diversi settori della nostra vita umana e cristiana.  

La cornice dell’amore di Dio non è un limite che costringe la nostra umanità, bensì fa maturare la nostra umanità; ci educa a vivere nella libertà dei figli di Dio, i quali con grande generosità riescono ad offrire la propria vita per la salvezza degli altri. Don Bosco è convinto che “la religione fu e sarà sempre in ogni tempo la maestra degli uomini, contiene una legge così perfetta, che sa piegarsi alle vicende dei tempi e adattarsi all’indole diversa di tutti gli uomini” (MB II,45).

E insiste: “La sola religione è capace di cominciare e compiere la grande opera di una vera educazione” (MB III,605).

Concludiamo la nostra riflessione con altre tre affermazioni di Don Bosco:

“La religione fu in ogni tempo reputata il sostegno dell’umana società e delle famiglie: dove non vi è religione, non vi è che immoralità e disordine” (MB VII,252).

“Perché si dice che D.B. vuol troppa religione; e infatti io ritengo che senza religione nulla si possa ottenere di buono fra i giovani” (MB XIII,557).

“La religione vera non consiste in sole parole: bisogna venire alle opere” (MB VI,144).

San Giovanni Bosco, prega per noi!

  

RAGIONEVOLEZZA

Nel sogno dei nove anni il Signore maestoso dice a Giovannino: “Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili coll’ubbidienza e coll’acquisto della scienza. […] Io ti darò la Maestra sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza” (MO). Partendo dagli anni della sua specializzazione nel Convitto ecclesiastico, don Bosco scopre sempre di più il suo posto nel progetto di salvezza di Dio.

Ai giovani incontrati nelle carceri minorili, deve procurare un pezzo di pane, e, ancora meglio, un posto di lavoro onesto. Deve accompagnare i giovani nella loro vita autonoma, responsabile, impegnata e cristiana. Allora insegna loro le essenziali verità del catechismo per poter assicurare ai giovani i sacramenti dell’iniziazione cristiana come un mezzo potente per la loro maturazione.

Ai giovani offre la possibilità di imparare a leggere e scrivere con le scuole serali, domenicali e festive, con l’aiuto di tanti altri sacerdoti, dei laici di nobiltà e delle semplici persone, che si prendono cura delle necessità anche materiali dei ragazzi.

Possiamo dire: ma questo era un altro mondo!

Certo: adesso abbiamo tante informazioni, ma non ci insegnano a vivere; non ci aiutano a discernere, a riconoscere i valori autentici, non ci permettono di saper scegliere le cose vere e giuste.

Il mondo attuale è il mondo delle immagini, dell’apparenza, delle promesse, dei piaceri, della fantascienza, del guadagno facile, delle idealizzazioni, dell’atteggiamento che facciano gli altri al posto mio, delle facilitazioni con tante applicazioni, ecc.

Ci accorgiamo sempre di più che non basta avere tante informazioni dalle reti sociali; non bastano le scoperte della scienza; anzi, tante scoperte servono al male, alla distruzione, alla morte, anche se parliamo della “salute”. Basta pensare all’aborto o alla eutanasia.

Alla base di tutto questo deve esserci la ragione umana matura. E neanche questo basta!

Lo scrittore giovanile Alessandro d’Avenia, usa l’immagine della rete dei pescatori: le loro reti lasciano passare quasi tutto: tanta l’acqua, tanti pesciolini piccoli, tanta immondizia del mare, ecc. e tarttengono solo i pesci grandi che sono apprezzati da tutti e servono come il cibo della vita.

Dalla rete dei pescatori possiamo imparare che in tutte le opportunità che ci offre il mondo di oggi non deve mancare la coscienza matura della persona umana; e non deve mancare neanche la saggezza che supera le capacità umane.

Il libro della Sapienza ci sollecita: “La sapienza è splendida e non sfiorisce; facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. […] Suo principio più autentico è il desiderio di istruzione, l’anelito per l’istruzione è amore, l’amore per lei è osservanza delle sue leggi, il rispetto delle leggi è garanzia di incorruttibilità e l’incorruttibilità rende vicini a Dio” (Sap6,12-14.17-19).

I filosofi e gli scienziati hanno scoperto lungo la storia umana, che la ragione umana riesce fino a un certo punto, e dopo anche la ragione ha bisogno della luce della fede. E la persona umana è un essere trascendente, capace di rapporto con il Trascendente.

La ragione umana, sostenuta dalla fede, lungo la storia dell’umanità ha scoperto, che DIO è GIUSTO. Se ci soffermiamo soltanto al livello dell’intelletto umano e della giustizia umana, specialmente se teniamo conto della Legge di Mosè, guai a noi! Basta ricordare l’episodio di quando i farisei e gli scribi presentano a Gesù la peccatrice.

L’atteggiamento di Gesù ci insegna la logica della misericordia, visto che tutti siamo i peccatori. San Paolo ci sollecita a rendere ragione della nostra speranza e della nostra fede.

Da questa posizione parte don Bosco che s’impegna a imitare Gesù Buon Pastore. Ai suoi giovani di allora e di oggi, insegna a scoprire le vera fondamenta della nostra vita umana e cristiana e anche il vero valore della scienza umana e del progresso tecnologico. Ecco, la saggezza del suo trinomio: ragione-religione-amorevolezza.

Oggi ci siamo soffermati sulla ragionevolezza che ci insegna a vivere con gioia, curiosità e impegno convinto all’interno della “cornice” di Colui che si presenta come Via, Verità, Vita, per diventare anche noi luce, sale e fermento di una nuova umanità. E dobbiamo incominciare nella nostra famiglia, nel condominio, nella parrocchia, nel gruppo scolastico, ecc.

Al maestro Francesco Bodrato don Bosco cerca di spiegare la sua convinzione di base: “Religione e ragione sono le due molle di tutto il mio sistema di educazione. L’educatore deve pur persuadersi che tutti o quasi tutti questi cari giovanetti, hanno una naturale intelligenza per conoscere il bene che loro vien fatto personalmente, ed insieme sono pur dotati di un cuore sensibile facilmente aperto alla riconoscenza […] Religione vera, religione sincera che domini le azioni della gioventù, ragione che rettamente applichi quei santi dettami alla regola di tutte le sue azioni, eccole in due parole compendiato il sistema da me applicato di cui ella desidera conoscere il gran segreto” (MB VII,761-762).

E anche a noi oggi rivolge l’invito: “Lasciati guidare dalla ragione e non dalla passione” (MB X, 1023).

San Giovanni Bosco, prega per noi!

   

AMOREVOLEZZA

 I ragazzi di don Bosco litigavano tra di loro per chi fosse il più amato, il prediletto di don Bosco. Ciascuno di loro è convinto che don Bosco volesse più bene proprio a lui.

Così lo sperimentano e lo scoprono in ogni suo atto, in ogni suo sguardo, in ogni sua parola.

E ognuno dei ragazzi s’impegna a rispondere alla sua carità con il proprio impegno nei doveri scolastici e religiosi, nel proprio comportamento, nella imitazione della sua carità verso i propri compagni.

Una volta ho parlato con una signora, laureata in chimica, professoressa universitaria molto apprezzata, che si trovava però in una istituzione psichiatrica. La sua accusa nei confronti dei suoi genitori era che non gli avevano insegnato ad amare. E ha spiegato: mi hanno messo a disposizione tutti i beni materiali, mi hanno sostenuto nei miei studi, mi hanno offerto tutto il possibile, ma non mi hanno dato il loro amore, il loro tempo, la loro vicinanza; non riesco a perdonare a loro, perché non mi hanno dato l’unica cosa che mi sarebbe servita per la mia vita e per la mia vera felicità, non mi hanno insegnato che cosa è il vero amore.

Gli scienziati parlano delle diverse modalità attraverso cui l’amore si esprime e si manifesta, ma non lo sono veramente: parlano dell’amore scimmiesco, dell’amore di concupiscenza, dell’amore di dipendenza che non favorisce la maturità umana, ecc. Ma tutto questo non è l’amore vero.

Il vero amore è dono, del quale dobbiamo essere degni, e lo dobbiamo saper apprezzare e rispettare. Questo dono deve coinvolgerci, sollecitarci a spingerci a viverlo anche da parte nostra.

L’amore è impegno, è responsabilità, è fiducia, …

Ogni genitore lo sa perfettamente: l’amore maturo e generoso è sacrificio e sofferenza.

L’ ha testimoniato Gesù in croce: la rinuncia e sacrificio sono gli elementi dell’amore vero.

San Paolo ci dice che porta più gioia il dare che il ricevere! Abbiamo il coraggio di dirlo ai giovani di oggi?

Don Bosco soltanto nel 1877 mette insieme questo trinomio: religione, ragione e amorevolezza: Ma  lungo la sua esperienza sacerdotale ed educativa ha scoperto che il vero amore può e deve essere eucaristico, sempre di nuovo purificato della concupiscenza umana; che il vero amore deve essere l’espressione della ragione matura, che il vero amore è capace di libertà e orienta alla liberazione.

Con la sua esperienza educa all’amore e all’empatia. Certo, questo richiede la scelta e l’impegno di una vita regolata e consapevole.  

Aiutai giovani a scoprire il gusto e la gioia di vivere e di vivere con gli altri.

Ai giovani insegna che bisogna con rispetto e gratitudine accettare l’impegno e l’amore degli altri nei loro confronti.

Con i nostri atteggiamenti educhiamo i giovani a non lasciarsi “comprare” da qualche bene materiale, dalla promozione sociale, da un vantaggio di qualsiasi genere o anche dalle false promesse?

 

Con il salmista anche noi possiamo dire: “Ecco, nella colpa io sono generato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (Sal51,7). La convinzione di fondo di don Bosco era però che è altrettanto vero che siamo stati concepiti nell’amore; che siamo inseriti nella via dell’amore della SS. Trinità; che siamo capaci di vivere nell’amore, e che siamo capaci di amare – se lo vogliamo – fino ad offrire la propria vita per gli altri.

San Giovanni evangelista ci sollecita: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv4,7-10).

Nella nostra vita quotidiana possono orientarci alcuni pensieri di don Bosco:

“Per fare del bene bisogna aver un po’ di coraggio, essere pronti a soffrire qualunque mortificazione, non mortificar mai nessuno, essere sempre amorevole” (MB III,52).

“Colui il quale è umile ed amorevole sarà sempre amato da tutti: da Dio e dagli uomini” (MB VI,102).

“Studia di farti amare prima di farti temere” (MB X,1041).

“Se vuoi essere obbedito e rispettato, fatti voler bene. Ma non carezze, massime sulla faccia o prenderlo per le mani” (MB XIII,826).

 

San Giovanni Bosco, prega per noi!